La plastica rappresenta il materiale di confezionamento dei prodotti cosmetici per eccellenza per la sua versatilità e resistenza, ma come sappiamo deriva dal petrolio e questo ha enormi conseguenze negative sull’ambiente in cui viviamo. Esistono soluzioni per un futuro diverso e più sostenibile? La risposta possiamo trovarla nella bioplastica.

Cos’è la bioplastica?

Questo il logo utilizzato da La Saponaria per indicare che quel flacone è stato prodotto con bioplastica

La plastica verde è composta di polietilene, un materiale derivato dalla canna da zucchero invece che dal petrolio, questa è la differenza fondamentale (e abissale!) tra la normale plastica e la bioplastica.

Questo significa che la bioplastica è un materiale “bio-based” (a base bio), ricavato da materiale vegetale, quindi di origine biologica, e non include nessun componente di origine fossile (carbone o petrolio).

Le principali differenze tra plastica e bioplastica

La plastica è un materiale scoperto più di 100 anni fa. Di larghissimo impiego, grazie alle sue caratteristiche di versatilità, resistenza e di basso costo.

I materiali polimerici, ovvero la comune plastica, sono prodotti artificiali con una struttura macromolecolare, cioè formata da molecole unite a catena mediante la ripetizione dello stesso tipo di legame, derivati del petrolio e più precisamente dalla sottolavorazione del greggio.

La plastica presenta una notevole resistenza sia meccanica che al calore. Le materie plastiche hanno, per certi versi, ottime caratteristiche: sono facili da lavorare, sono resistenti all’invecchiamento e alla corrosione, sono praticamente immuni da muffe, funghi e batteri, sono molto economiche.

Proprio la resistenza della plastica tradizionale ne determina anche la dannosità sull’ambiente in termini di rilascio di CO2. Le materie plastiche che vengono bruciate producono diossina, componente altamente tossico e pericoloso.

La principale differenza tra plastica e bioplastica riguarda quindi l’aspetto ambientale:

La comune plastica come abbiamo detto deriva da fonti non rinnovabili come petrolio e carbone, con un processo produttivo che ha un immenso impatto negativo sul nostro ambiente.

La bioplastica è sempre un materiale polimerico, ma biologica perché deriva da materie prime di origine vegetale rinnovabili ad ogni ciclo di raccolta (mais, cereali, barbabietole) e il processo di produzione non rilascia CO2 nell’atmosfera. E’ stato calcolato che ad ogni Kg di bioplastica prodotta corrisponde ad una riduzione di 3,09 Kg di CO2 nell’atmosfera.

Ma vediamo qualche dato che ci riguarda..nel 2017 abbiamo utilizzato 2,632 tonnellate di flaconi in plastica, questo significa che nel 2018 e negli anni a venire saranno convertite in altrettante tonnellate di flaconi in bioplastica, pari a 8,13 tonnellate di Co2 rimossa dall’atmosfera.
CO2 rimossa dall’atmosfera

In alcuni casi la struttura chimica della bioplastica è più facilmente aggredibile dai microorganismi presenti in natura.

Tuttavia è bene precisare che bioplastica e plastica biodegradabile non sono però sinonimi. Un materiale bio-based non è automaticamente anche biodegradabile, è infatti riciclabile ma non compostabile.

La biodegradabilità è una caratteristica che dipende fortemente dalle condizioni ambientali, come temperatura, presenza di microrganismi, presenza di ossigeno e acqua.

 

Scegliere bioplastica da fonti rinnovabili ha un grande valore etico e di consapevolezza verso i gravi problemi del nostro ambiente.

Nessuno di noi dovrebbe esimersi da questa scelta, preferendo la bioplastica si afferma infatti il riconoscimento del valore e delle implicazioni positive dell’utilizzo di questo materiale rispetto a quello della plastica tradizionale.

È necessario quindi investire risorse ed energie per adeguare le conoscenze generali ai progressi della tecnologia, perchè solo in questo modo è auspicabile e possibile un cambiamento per un futuro più sostenibile ed ecologico, da cui tutti potremmo trarre grande vantaggio.